martedì 25 dicembre 2012

Ironia

"Tutto ormai si svolge come se l'espressione diretta di un sentimento, di un'emozione, di un'idea sia diventata impossibile, perché troppo volgare. Tutto deve passare attraverso il filtro deformante dell'ironia e del distacco". (Michel Houellebecq)

domenica 25 novembre 2012

L'Ulisse di tutti noi

"Una delle nostre tragedie sta nel fatto che, attraverso la convivenza, dai nostri vicini non abbiamo imparato le cose migliori, ma le peggiori. I serbi non hanno colto le virtù degli albanesi, così come gli albanesi non hanno colto quelle dei serbi". (Bekim Fehmiu)

domenica 18 novembre 2012

Inquietudine e irrequietezza

"Penso che l'inquietudine si leghi al disagio provocato da una certa nostra inadeguatezza al senso del fare e dell'essere. L'inquietudine insomma spezza il rapporto con la nostra identità. Ha a che vedere con l'anima e con il tempo, in particolare con il modo in cui ne facciamo esperienza. L'irrequietezza, viceversa, comincia dal cervello e mina il nostro rapporto con lo spazio, distrugge le certezze che noi abbiamo su di esso: improvvisamente la misura che ci lega a un luogo, la distanza che ci è familiare, diventa asfissiante. Un mistico o un poeta posso coltivare la loro inquietudine. L'irrequietezza appartiene ai bambini o ai viaggiatori". (Bruce Chatwin, da "Camminare, una rivoluzione" di Adriano Labbucci, Donzelli Editore).


Cominciare

"Finché il primo libro non è scritto, si possiede quella libertà di cominciare che si può usare una sola volta nella vita" (Italo Calvino, dalla prefazione de "Il sentiero dei nidi di ragno").

lunedì 22 ottobre 2012

Non voglio sapere

(...) E' proprio così, da soli, che davvero ci si sposa. In segreto, come ombre aderenti, le nostre ombre non viste nemmeno da noi stessi. E i nostri glutei riflettono gettando, come fionde, luce su astrazioni e concretezze, su ideologie, su fedi, su ideali, su valori e patrimoni vari, solidi e aeriformi, ossia su tutto ciò che rovina la vita. Se penso a te - lei dice e anch'io - penso solo a te, non devo ridurmi a mettere insieme esistenza e senso, non devo complicarmi a collegare, a tenere fisse e salde quelle astruse fermezze che non ho, né umiliarmi a credere di credere. (...) Non voglio saperne, non voglio sapere. Questo sfiorarono i primi scrittori delle cose umane quando ci collocarono nel giardino in Eden: lavoro e sapienza non sono che assilli. Nudi, senza vergogna ci risiamo. E qui, ora, io non penso che a te, tu non pensi che a me. Chissà se riusciremo a non pronunciare la frase distruttiva: "C'è tutto un mondo là fuori". A non rivestirci, a non uscire come numeri del lotto, l'ambo giocato e preso da chi è là nel mondo. (Pasquale Panella, SPOSIAMOCI, dal numero di ottobre 2012 di IL, il maschile de IL SOLE 24 ORE).

domenica 16 settembre 2012

L'ora del silenzio

Questa produzione continua di rumore e di suoni ha una matrice strutturale molto precisa: è necessario intrattenere l'uomo, riempire tutti i pori del suo tempo, evitare che si allontani dal continuo vortice di emozioni prodotte da un apparato produttivo sempre più vasto. Questa infiltrazione capillare dell'intrattenimento ha il proprio avversario nella pausa, nella sosta, nella riflessione silenziosa e personale o in qualsiasi cosa le somigli o la ricordi. (...) 

Rimane poco da inventare da soli, perché la grande chiacchiera, anche quella dei nuovi media, invade tutto l'orizzonte e non possiamo sottrarci: siamo irrimediabilmente connessi, parte di un metabolismo che ci sorpassa. Una volta potevi decidere di "staccare", di lasciare il mondo senza preavviso e raggiungere un luogo raccolto e silenzioso. Oggi però siamo tutti "connessi viaggiatori", e il cellulare ci raggiunge ovunque. Chi lo spegne non innesca mai negli altri il sospetto della libertà, ma solo preoccupazione e fastidio per la sua diserzione: che gli sarà successo? Chi crede di essere? Per far sparire le tue tracce devi staccare la batteria, come fanno i ricercati nei film americani. (...) 

In una società fondata sul dogma della espansione continua e sulla organizzazione capillare della distrazione, ogni silenzio appare sospetto, il sintomo di una malattia nascosta, che richiede l'immediata apertura di una pratica terapeutica e la proiezione in quell'universo profilattico nel quale ogni difformità dall'euforia d'ordinanza viene chiamata depressione, un buco nero che ovviamente va colmato al più presto. Tutto può essere curato, ogni soglia può essere spostata in avanti: nulla è più estraneo alla nostra società dell'affacciarsi sul limite, del sostare e riflettere sul fatto che per vivere bisogna misurarsi con ciò che non è manipolabile a nostro piacimento, che la vita conosce sconfitte e apprendimenti dolorosi, ma anche splendidi e indicibili intervalli, momenti in cui il silenzio è l'unico suono giusto. (Franco Cassano, L'ora del silenzio, da Repubblica del 16/09/12)  

venerdì 27 aprile 2012

Poesia

La borghesia riduce tutto a merce, altro che assolutezza. La poesia, invece, non è merce perché non è consumabile. E' ora di dirlo: questa di paragonare l'opera a un prodotto, e i suoi destinatari a dei consumatori, può essere una divertente, spiritosa metafora, ma nient'altro... Se qualcuno dice sul serio una cosa del genere è un imbecille, la poesia non è prodotta in serie, cioè, non è un prodotto. E un lettore può leggere una poesia anche un milione di volte senza consumarla. Anzi forse la milionesima volta la poesia gli potrà sembrare più strana, nuova e scandalosa che la prima volta. E mi scusi la stupidaggine, non c'è frigorifero o scarpa prodotta a Varese, che sia consumabile dai posteri.*

*Pier Paolo Pasolini, Il caos (a cura di Gian Carlo Ferretti), Editori Riuniti. (letto su "Pasolini" fumetto di Davide Toffolo)