(...) E' proprio così, da soli, che davvero ci si sposa. In segreto, come ombre aderenti, le nostre ombre non viste nemmeno da noi stessi. E i nostri glutei riflettono gettando, come fionde, luce su astrazioni e concretezze, su ideologie, su fedi, su ideali, su valori e patrimoni vari, solidi e aeriformi, ossia su tutto ciò che rovina la vita. Se penso a te - lei dice e anch'io - penso solo a te, non devo ridurmi a mettere insieme esistenza e senso, non devo complicarmi a collegare, a tenere fisse e salde quelle astruse fermezze che non ho, né umiliarmi a credere di credere. (...) Non voglio saperne, non voglio sapere. Questo sfiorarono i primi scrittori delle cose umane quando ci collocarono nel giardino in Eden: lavoro e sapienza non sono che assilli. Nudi, senza vergogna ci risiamo. E qui, ora, io non penso che a te, tu non pensi che a me. Chissà se riusciremo a non pronunciare la frase distruttiva: "C'è tutto un mondo là fuori". A non rivestirci, a non uscire come numeri del lotto, l'ambo giocato e preso da chi è là nel mondo. (Pasquale Panella, SPOSIAMOCI, dal numero di ottobre 2012 di IL, il maschile de IL SOLE 24 ORE).